Non c’è niente che mi faccia stare meglio della sensazione di sentirmi nel posto giusto al momento giusto. Quando ascolto la vocina interiore e mi ritrovo, «per caso», ad una cerimonia tradizionale balinese, dopo che una vecchina a cui avevevamo chiesto un’informazione ci dice “ma non andate a vedere la danza?”, il cuore si apre di gioia.
All’inizio non avevamo capito e c’eravamo solo inoltrati tra i vicoli di Padang Bai alla ricerca di nulla in particolare se non del semplice curiosare. Seguendo, prima un bambino vestito a festa, e poi una famiglia in cui le donne portavano i cestini delle offerte sulla testa, ci siamo ritrovati al tempio. Nessuno sembrava curarsi più di tanto di noi, e siamo rimasti in attesa di un qualcosa. Così poco dopo un uomo si è avvicinato e ci ha detto che se volevamo restare per la cerimonia sarebbe stato opportuno indosssare almeno sarong e cintura. Siamo tornati velocemente alla home stay e dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua (elemento cruciale dell’esperienza) ci siamo vestiti a festa aiutati dai ragazzi che lavorano lì. Gli uomini mettono il sarong in modo diverso dalle donne, e mentre i primi indossano un copricapo tradizionale, le donne si adornano con bellissimi fiori. Entrambi tengono su i sarong con cinture di stoffa (per noi altri due sarong adattati per l’evenienza). Che ridere! Io ho rinunciato al copricapo ma mi hanno fatto capire che non essendo balinese era sufficente così.
Per strada davanti al tempio, Marcel, un bel personaggio, francese che vive a Padang Bai da 26 anni, e che fa la guida, ci ha dato un foglio dove era descritta la cerimonia del Barong. A quanto pare eravamo proprio fortunati perchè questa non è la classica attrazione per turisti, e anche se ci siamo sentiti subito grati per la coincidenza, non avevamo la più pallida idea di cosa aspettarci.
L’altra cosa che dava ancora più valore alla nostra presenza lì era che la cerimonia si svolge ogni due settimane in un luogo diverso, in questo periodo dell’anno, e in quel giorno proprio non lontano dalla sistemazione che abbiamo scelto senza esitare.
Nel Barong di Bali la tradizione, l’arte e la spiritualità diventano una cosa sola.
È una delle cerimonie chiave del ciclo di quelle che si svolgono sull’isola.
I visitatori sono invitati a tenere a mente che nonostante il lato artistico e spettacolare dell’esibizione, l’aspetto più importante per i balinesi è quello sacro.
Siamo stati invitati in forma di rispetto a sederci a gambe incrociate, come i locali, nel posto che ci è stato indicato, proprio tra la folla di fronte al bordo strada dove sarebbe a quanto pare accaduto qualcosa. Come già accennato ad indossare i sarong per coprire le gambe; una cintura per separare la parte bassa del corpo con quella alta. Il copricapo per gli uomini e fiori per le donne sui capelli servono invece ad evidenziare il valore della testa che rappresenta l’unione con il sacro. Vestire gli abiti da cerimonia mostra ai locali l’intenzione di equità tra gli individui ed è anche un segno di rispetto della tradizione locale.
Marcel ci avverte in inglese col suo accendo francese “anche se lunga l’esibizione, in questo tipo di cerimonie è richiesta molta pazienza, e vedrete che una volta finita vi sembrerà essere durata un attimo.” Gli rispondo sorridendo che per fortuna ho avuto modo di coltivare la pazienza in questi anni e anche lui sorridendo risponde che si vede che siamo persone tranquille :).
Le prime ad entrare in scena sono state tre danzatrici dal portamento regale con vestiti tradizionali… a cui si sono aggiunti e susseguiti vari personaggi ognuno con la sua importanza artistica e spirituale.
Quello che apparentemente ai nostri occhi sembra solo una danza e una rappresentazione teatrale, si trasforma presto in un qualcosa di inspiegabile. Il pubblico è parte della cerimonia e anche se apparentemente spettatori ci troviamo coinvolti in qualcosa di unico. Man mano che l’estasi della rappresentazione cresce alcune persone tra il pubblico cominciano chi ad urlare, chi a correre all’impazzata, chi a piangere come in preda ad uno stato di trance… fino a quando non vengono placcati dagli appositi guardiani e immobilizzati. Dopo lo sfogo fisico ed emozionale, una volta calmati, e ritornati in sé, vengono poi rilasciati. Ci chiediamo se è una messa in scena, ma ci rendiamo conto ben presto che fa parte di quella realtà in cui ci siamo ritrovati a vivere. Non ho avuto modo di fare fotografie con la mia macchina perchè per rispetto ho deciso di lasciarla in stanza, ma abbiamo chiesto il permesso di scattare qualche foto con il telefono.
Uno dei principali caratteri che entrano in scena nel Barong è Rarong, la figura con sembianze animalesche che impersonifica il seme della spiritualità latente in ogni umana civiltà… Le scene sono guidate dalle musiche sacre dei Gamelan che inducono allo stato di meditazione e che rappresentano la piena coscienza in contrasto con il mondo dell’ignoranza.
Poi entra in scena il Barong che rappresenta l’istinto, e i suoi bisogni terreni sono in conflitto con il suo stato di prolungata meditazione.
Quando entrano in scena anche i Lenda-Lendi, gli animali totemici, che dovrebbero aiutare il conflitto creato, la confusione aumenta.
Nel finale (dopo almeno un paio d’ore) sopraggiunge Rangdah, la Grande Magia di Bali, che ha la capacità di gestire la situazione facendo ricorso alla forza guidata del mondo invisibile. La sua forza corrisponde allo stato di elevazione spirituale dell’intera comunità che è parte integrante della cerimonia anche se apparentemente spettatrice.
Questo stato è legato allo stesso principio balinese che risveglia l’opposto e attiva la trance in alcuni membri della comunità come accaduto durante la cerimonia. Poi verso la fine tutto si placa: la spiritualità ha raggiunto il suo paradigma e l’equilibrio è ristabilito.
Il rito finisce con l’aiutare la parte rimanente delle persone in trance a tornare in sé e unirsi al resto della comunità in una preghiera collettiva.
Davvero un’esperienza toccante, anche di più se consideriamo il fatto che, nonostante la pioggia, la posizione a gambe incrociate per un paio d’ore, e soprattutto le nostre vesciche sembravano esploderci, non potevamo muoverci. Eravamo nel centro della manifestazione e non avevamo vie di fuga per andare in bagno. Alle nostre spalle oltre il pubblico il lungo muro del tempio ci impediva di sottrarci alla folla. Andare via voleva dire passare davanti agli occhi di tutti e non ce la siamo sentita. Sembrava quasi che qualche spiritello volesse prendersi gioco di noi, ci vedavamo già placcati dai guardiani vestiti di rosso che ci avrebbero identificati come in trance e immobilizzati a terra. Vi assicuro che non ricordo di averla tenuta per così a lungo in vita mia, forse un’ora oltre il necessario. Anzì ora che scrivo mi viene in mente la scena in No Destination su quella barca della speranza, dove cercavo di resistere per evitare di andare al “cesso” che Simon (l’amico australiano e compagno di viaggio del capitolo Ritorno a Nias) mi aveva tristemente descritto. Fatto sta che quando la manifestazione era quasi agli sgoccioli, avendo entrambi resistito alle tentazione di farcela addosso, ci siamo alzati come due mendicanti e ci siamo trascinati a piccoli passi fuori dalla bolgia impazzita alla fine della cerimonia. Arrivare fino alla home stay, a soli dieci minuti a piedi, ci è sembrata un’impresa colossale. Chissà che lo stato in cui ci siamo sentiti sia stato indotto in qualche modo dal rito… Di sicuro entrambi avevamo bevuto solo quel famoso bicchier d’acqua di cui parlavo all’inizio, che non credo potesse giustificare il nostro stato fisico. Om Shanti, Shanti, Shanti, Om
Dopo vari anni in cui avevo solo transitato a Padang Bai per andare a Lombok, ho ritrovato un paesello con un fascino nascosto e alcune chicche da scoprire. Una ancor viva tradizione culturale; alcune spiagge davvero belle, a parte qualche edificio orribile costruito nei paraggi; alcuni tempi incantati come quello dedicato all’acqua, che domina la baia dalla collina a nord del porticciolo. Alla fine una località turistica che credo abbia conservato la sua autenticità. Poi l’incontro con il sosia di Gandhi, ospite anche lui alla home stay, è stato qualcosa di inaspettato e divertente. Non solo gli assomigliava tantissimo, ma indossava solo un sarong e occhialini tondi come il Mahatma. Peccato che durante una passegiata serale, oltre a fumare, gettasse con noncuranza le cicche di sigaretta in spiaggia. Ah, dimenticavo nonostante ogni pronostico, i lineamenti e il colore della pella scura dal sole, Rudi era tedesco. Da diversi anni trascorre un po’ di tempo proprio a Padang Bai.
Ho davvero rivalutato questo posticino nonostante i traghetti che partono ogni ora proprio dalla baia incantevole. Il fatto che decida quasi sempre di non volare a Lombok da Bali, anche se ci vorrebbe solo un’ora, ha il suo perchè. Il fascino di raggiungere i posti con gli stessi mezzi che usano i locali rende ogni viaggio qui sempre speciale.
Quindi come ho iniziato a raccontare nell’articolo L’altra faccia di Bali, sta sempre a noi decidere come vogliamo vivere l’esperienza del viaggio, e se siamo disposti a vedere oltre, anche un paesino che apparentemente non ti dice nulla (all’inizio) può diventare un piccolo luogo incantato dove confondersi con la gente locale, e fare una pausa prima di rimettersi in cammino. Buona strada.
Tre consigli di viaggio per l’ambiente:
– Per gli spuntini all’aperto, limitate l’uso di piatti, bicchieri e posate di plastica (queste ultime al limite potete utilizzarle più volte, io ho sempre con me un kit di posate da viaggio). Piuttosto avvolgete il cibo con carta da alimenti riciclata o nei contenitori di bambù. La plastica oltre a fare male all’ambiente fa male anche al vostro corpo senza che lo sappiate. E se vi trovate in qualche villaggio tradizionale provate a mangiare con le mani, se riuscite a oltrepassare la barriera culturale non solo è pratico ma anche divertente.
– Quando potete, preferite sempre il vetro alla plastica: oltre ad essere più salutare, e riutilizzabile, è più facilmente riciclabile. Inoltre il suo processo produttivo implica meno sostanze tossiche e meno dispendio di energia.
– Se portate sempre con voi un thermos o una borraccia, potete versare per esempio il resto del té o acqua da voi consumata nei bar o al ristorante. Eviterete così di acquistare tante bottiglie di plastica (che inquinano e sono difficili da smaltire soprattutto in Indonesia).
Madre Terra ringrazia calorosamente per ogni vostro contributo…
La serie di articoli su Bali continua nel prossimo articolo: Il cane bianco di Sideman. Selamat Jalan!
Realmente un ottimo post. Leggo con interesse il
blog http://www.winki.it. Avanti in questo modo!
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keren… bali indonesia
cool for culture people Bali